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Territori del Nebbiolo, i vini dell'Alto Piemonte in aula

Scritto da Paolo Manna Venerdì, 9 Lug 2021 - 0 Commenti

Alto Piemonte - i vini del nord Piemonte, 3^ tappa del Master AIS Piemonte sui Territori del Nebbiolo.

Se la ripartenza delle degustazioni vinicole in presenza è avvenuta a giugno, la ripresa del seminario dedicato ai vini dell’Alto Piemonte, terza tappa del Master AIS Piemonte sui Territori del Nebbiolo, sancisce la ripresa della formazione in aula degli operatori professionali del mondo del vino.

I seminari si erano interrotti nell’autunno 2020, con i vini della denominazione Lessona, e sono ripresi, sotto la direzione di Mauro Carosso, delegato AIS di Torino, con i vini di Ghemme.

Conoscere l’Alto Piemonte vinicolo significa fare la conoscenza con vini dal ricco passato, eleganti, affascinanti, che stanno recuperando il posto che spetta loro nel mondo dell’enologia nazionale, prodotti in un territorio che merita di essere visitato per la sua bellezza.  

I vini dell’Alto Piemonte nascono su un territorio molto particolare, caratterizzato dal supervulcano esploso milioni di anni fa, la cui caldera coincide con le valli dei fiumi Sesia e Sessera, tra le province di Novara, Vercelli e Biella.

A seguito dello scontro tra le placche europea ed africana, l’intera struttura sommersa del supervulcano fu proiettata in superficie, assumendo un andamento orizzontale. Il geologo triestino Luciano Sinigoi con il collega americano James Quick, nel percorrere l’Alta Valsesia, ad un’attenta verifica della parete a strapiombo striata di nero di una modesta montagna, restano colpiti perché la parete ha l’aspetto del mantello terrestre, che dovrebbe trovarsi 22 km sottoterra, e non in superfice. È la scoperta del supervulcano fossile della Valsesia, che tutti possono visitare presso il Sesia Val Grande Geopark.

Come sono collegati il supervulcano e i vini dell’Alto Piemonte? Pochi sanno che l’Alto Piemonte presentava ad inizio ’900 una superficie vitata non meno estesa e importante delle Langhe, principalmente a Nebbiolo, qui conosciuto con il nome di Spanna.

Le malattie della vite prima e l’industrializzazione in seguito spopolarono le campagne, facendo precipitare la produzione, sia sul piano quantitativo che qualitativo. Da alcuni anni un pugno di produttori, di dimensioni che vanno dal piccolo al microscopico, ha fatto sì che questi grandi vini siano tornati a esprimere tutto il loro potenziale qualitativo e organolettico, al punto da portarli a competere direttamente con i più titolati nebbioli basso-piemontesi. Presentano proprie caratteristiche specifiche, che derivano dal terreno vulcanico su cui hanno in seguito operato i ghiacciai: la spiccata mineralità dell’impianto olfattivo e l’impronta sapida, che opera in sinergia con l’acidità, che rendono i vini eleganti, profondi e saporiti, meno corposi dei loro cugini langaroli, molto adatti agli abbinamenti gastronomici.

Tra i comprensori vinicoli che vanno sotto l’etichetta “Alto Piemonte”, una posizione di spicco merita Ghemme. A testimonianza dello stretto legame tra l’uva, il vino e il territorio, lo stemma comunale di Ghemme che, al suo centro, riporta un grappolo di vite. Un legame così stretto non può che affondare le sue radici nella storia. Sulle Colline Novaresi la viticoltura ha origini antichissime che risalgono addirittura all'epoca preromana, come testimoniano i ritrovamenti di coppe da vino e vinaccioli in mostra ai musei archeologici di Torino e Milano.

Altrettanto importanti i numerosi ritrovamenti d’epoca romana: Ghemme è infatti l’unico “pagus” romano documentato nel Novarese (“pagus agaminus”). Fra i reperti ritrovati merita la citazione la lapide di Vibia Earina, liberta di Vibio Crispo, potente senatore romano, grande latifondista vercellese, che possedeva numerosi vigneti. Sempre in zona venne alla luce la celebre “diatreta Trivulzio”, coppa vitrea del secolo IV-V, ornata con la scritta “bibe et vivas multis annis”.

In epoca medioevale, i canonici di S. Giulio d’Orta possedevano numerose vigne affidate agli abili vignaioli ghemmesi, fra i quali uno dal nome particolarissimo, Novellino di Enrico delle Vigne (“de Vineis”); altro nome particolare portava Giacomino de Bechis detto “potor”, cioè bevitore, padre del fondatore di una cappellania alla Beata Panacea nella chiesa di Ghemme nel 1448.

Nel XV secolo il vino di Ghemme conquista la corte dei Visconti e poi degli Sforza a Milano. Nobili famiglie novaresi e milanesi acquistarono in quell'epoca terreni e vigne dedicandosi alla produzione del vino.

La fama del vino ghemmese si diffuse nel corso del ‘600 e ‘700: era ricercato non solo dalle nobili famiglie ma anche dalle migliori osterie di Milano, che facevano a gara per garantirsi una fornitura di qualche buon bottale di vino di ronco, il ronco è ancora adesso tra le migliori zone di produzione. E non a caso proprio i ronchi erano conosciuti con nomi specifici, atti a distinguerli dal resto del territorio, quelli che oggi si identificano come cru.

Lo storico Bianchini racconta nel 1831 che a Novara le famiglie dell'aristocrazia usavano aprire, ogni anno, una bottiglia di Ghemme la sera della vigilia di Natale, davanti al camino per lo scambio degli auguri, secondo un’usanza tipicamente milanese.

Nell’Ottocento a Ghemme nacquero alcune delle più importanti cantine novaresi che vinsero parecchi concorsi enologici sia in Italia sia all’estero. Le bottiglie del Ghemme fecero la circumnavigazione del globo, inviate a Melbourne in Australia per sperimentare la loro conservazione, altre invece furono inviate nelle Americhe, e, negli Stati Uniti, il Ghemme era consigliato quale “medicinal corroborant wine”.

Anche la letteratura si occupa del vino Ghemme: Antonio Fogazzaro nel primo capitolo di “Piccolo mondo antico”, del 1895, cita il “vin di Ghemme” come accompagnamento di un pranzo organizzato dalla marchesa Maironi, e gli fa eco Mario Soldati, che nel suo racconto “L'albergo di Ghemme” decanta questo vino: “Il Ghemme: eccellente, prim’ordine”.
Nel 1969 il Ghemme ebbe il riconoscimento della d.o.c. e nel 1997 quello della d.o.c.g.

Il disciplinare del Ghemme prevede che i vini siano ottenuti da Nebbiolo (localmente Spanna) al minimo del 75% e Vespolina ed Uva Rara da sole o congiuntamente per un massimo del 25%, però ormai quasi tutti i produttori usano vinificare il Nebbiolo in purezza oppure destinano agli altri vitigni una dose minore di quanto previsto.  

La zona di produzione delle uve ricade in provincia di Novara, in parte del territorio del comune di Ghemme ed in parte nel territorio di Romagnano Sesia. Il Ghemme deve essere sottoposto ad un periodo minimo di invecchiamento di tre anni, di cui per almeno venti mesi in botti di legno, ed affinato per almeno nove mesi in bottiglia.

Il vino Ghemme può utilizzare la menzione "riserva" qualora derivi da uve con titolo alcolometrico minimo del 12% e abbia sostenuto un periodo minimo di invecchiamento di quattro anni, di cui almeno venticinque mesi in botti di legno ed almeno nove mesi di affinamento in bottiglia.

La composizione del terreno, molto varia e di derivazione alpina, vede un substrato di rocce disgregate composto da ciottoli di granito, porfido, detriti di gneiss, scisti, micascisti e sfaldature di rocce dolomitiche del monte Fenera; è un suolo arido, ottimo per conferire ricchezza organolettica al vino.

In termini microclimatici, la presenza del Monte Rosa alle spalle è un fattore dominante, come per tutto il nord Piemonte vinicolo, nel bene e nel male: se da un lato ripara le colline dai venti freddi del nord e dalle nevicate, che non scaricano sulle colline, per farlo, in genere, sulla pianura sottostante e sul Monferrato, favorendo il germogliamento precoce delle viti, dall’altro l’imponente massiccio montuoso può determinare frequenti grandinate.

La stazione meteorologica di Ghemme indica una temperatura media di circa 12°C e una piovosità complessiva annua di circa 1046mm.

Il Ghemme è un vino di grande qualità, ma tra tutti quelli derivanti dal vitigno del Nebbiolo è uno dei meno famosi, a torto. Si presenta di colore rosso rubino con riflessi granati, profumi che si articolano in sentori floreali di viola, frutti di bosco, prugna, avvolgenti note di liquirizia, sottobosco e spezie, qualche volta anche di tostatura.

Al palato si avverte una persistente sapidità ed un'elegante sensazione di pienezza del sorso, impreziosita da tannini morbidi che si armonizzano nella sua struttura, resa vibrante dall’acidità. Il Ghemme è un vino assai ricco e complesso, da abbinare ai brasati e agli arrosti di carne rossa, ai primi piatti al ragù, anche di selvaggina, e a tutti i formaggi stagionati. Si abbina al tapulone e alla panissa, ovvero a due dei piatti più tipici del nord del Piemonte.

Alla serata erano presenti il Presidente del Consorzio di Tutela Nebbioli Alto Piemonte, Andrea Fontana, e il collega produttore Francesco Brigatti.

l Presidente Fontana ha confermato che il crescente interesse per il settore vinicolo ha prodotto l’aumento dei soci del Consorzio, circa trenta soci in più negli ultimi anni, principalmente giovani che fondano o rilevano aziende piccole, votate alla ricerca della qualità e molto attente alla sostenibilità ambientale. Ha inoltre fornito dei sintetici cenni delle più recenti iniziative che il Consorzio ha deliberato di intraprendere, tutte ancora in fase progettuale, pur se avanzata.

In particolare, si tratta della possibile nascita della nuova denominazione Alto Piemonte che andrebbe a riunire le attuali denominazioni territoriali, Valli Ossolane, Colline Novaresi e Coste della Sesia, che resterebbero in etichetta come sottozone, e conviverebbe con le altre DOC e DOCG, con possibilità di menzione del vitigno.  

Infine, il Consorzio sta ragionando con le associazioni industriali, commerciali e turistiche della zona circa la definizione del marchio Alto Piemonte, che riuscirebbe a raggiungere masse critiche finanziarie ragguardevoli, a beneficio delle capacità e degli strumenti di promozione delle eccellenze del territorio.

Grande fermento nel nord della regione.

In degustazione:
Ghemme Docg “Vigna Ronco Maso” 2017 di Platinetti
Ghemme Docg “Dei Mazzoni” 2016 di Mazzoni
Ghemme Docg “Oltre il bosco” 2016 di Francesco Brigatti
Ghemme Docg 2013 di Ioppa
Ghemme Docg 2012 di Torraccia del Piantavigna
Ghemme Docg “Vigna Cavenago” 2011 di Mirù
Ghemme Docg “Chioso dei Pomi” 2011 di Rovellotti
Ghemme Docg “Collis Breclemae” 2011 di Antichi Vigneti di Cantalupo

Paolo Manna