Economia & Lavoro

L'erbaluce, il vero amore della famiglia Orsolani (VIDEO)

Lunedì, 20 Lug 2020 - 34 Commenti

Quattro generazioni si sono succedute nella famiglia Orsolani a San Giorgio Canavese, nel torinese, una storia lunga 125 anni contraddistinta da quattro parole: serietà, rispetto, artigianalità, autoctono.

I territori Unesco non esauriscono le eccellenze vinicole del Piemonte: l’intero territorio regionale è ricco di tradizioni e di prodotti che meritano la massima attenzione.

Oggi vi portiamo a San Giorgio Canavese, nel torinese, per parlare di un vitigno a bacca bianca autoctono piemontese, forse il più antico di tutti i vitigni regionali.

Siamo nel Canavese per rispondere al gradito invito di uno dei produttori iconici del territorio, la famiglia Orsolani, per verificare se il vitigno erbaluce possa produrre, oltre ai vini di beva più semplice, con pochi anni sulle spalle, per i quali è più conosciuto, anche vini più complessi, che possono e devono essere ulteriormente attesi qualche anno in più per godere in pieno delle loro qualità.

Il rapporto tra la famiglia Orsolani e l’Erbaluce inizia alla fine dell'Ottocento, quando Giovanni Orsolani e la moglie Domenica rientrano dall'America, richiamati dalla nostalgia per la propria terra.

Aprono la Locanda Aurora dove la moglie segue l'attività in cucina, mentre Giovanni si occupa della produzione del vino per gli avventori. 

Successo dopo successo, più di un secolo dopo, la famiglia Orsolani si dedica unicamente alla produzione di vini e spumanti di qualità, ottenuti quasi esclusivamente dai vigneti di proprietà, siti nelle più classiche zone di produzione della denominazione.

Gli Orsolani sono membri del Comitato Grand Cru d'Italia, associazione che raduna tutte quelle realtà che con attenzione e dedizione valorizzano le proprie produzioni e i territori di coltivazione, esaltando i legami tra territorio, vitigni, tradizione e storia.

La produzione dei vini Orsolani raggiunge circa 150.000 bottiglie, di cui il 90% derivato dal vitigno Erbaluce, il vero amore di famiglia, come dichiarano spesso e volentieri.

Nel video Gian Luigi Orsolani ci accoglie nelle sue vigne

L’Erbaluce è autoctono?

La sua storia si perde nella notte dei tempi. Esistono più leggende sulla nascita dell’Erbaluce: io preferisco quella che la famiglia Orsolani, racconta sul sito internet della cantina, perché si entra nel mondo delle favole, dove abitano le ninfe dei laghi, dei boschi e delle sorgenti che pullulano sulle colline moreniche lasciate dai grandi ghiacciai. Le ninfe erano venerate insieme alla Notte, al Sole, alla Luna, ai Venti, alle Stelle.

Alba era una di queste divinità, alla quale un giorno apparve il Sole, il quale, rapito dalla sua bellezza, se ne innamorò. Amore difficile perché il Sole appariva solo quando Alba non c’era più.

La Luna, sorella del Sole, risolse la situazione. Decise un giorno di non lasciare il cielo e di interporsi sul cammino del Sole, in modo che questi, nascosto, potesse raggiungere la Terra per incontrare l’Alba.

L’abbraccio fra i due innamorati avvenne sul “bric” più alto delle colline che circondano Caluso. Da quell’amore nacque una bimba bellissima di nome Albaluce.

La bimba viveva felice sulle acque, venerata da cacciatori, contadini, pastori e pescatori. Ma un giorno si fanno avanti i capi tribù al comando della regina Ippa, perché occorre terra da coltivare, le limpide acque non danno frutti sufficienti e devono lasciare posto a campi da seminare. Triste è la Ninfa Albaluce e piange e le lacrime scendono sugli arbusti rinsecchiti, che ora ricoprono le verdi rive d’un tempo. E’ il pianto del Sole e dell’Alba, è un pianto che ridona la vita. Quelle lacrime trasformano i secchi arbusti in vigorosi ceppi, da cui s’alzano lunghi tralci dai quali pendono dolci, dorati grappoli di succosa uva bianca.

E’ l’atto di nascita del vitigno Erbaluce, generato dalle lacrime di una Dea, che ha nel cuore i raggi del padre Sole e la tenera dolcezza dell’Alba, quella che sorge ogni mattina sul “bric” di Caluso.

La leggenda è bella, però non ha valenza storica, pur se un fondo di verità ci sarà: non a caso le acque furono sacrificate alla ricerca del maggior profitto, come accade spesso nella storia dell’umanità.

Se passiamo alle notizie storiche e documentate, nel 1606 lo studioso G.B. Croce cita per la prima volta l’Erbaluce «Elbalus è uva bianca così detta, come albaluce, perché biancheggiando risplende……ha il guscio, o sia scorza dura: matura diviene rostita, e colorita, e si mantiene in su la pianta assai: è buona da mangiare, e a questo fine si conserva: fa i vini buoni»

Sull’origine dell’Erbaluce esistono almeno tre scuole di pensiero. Potrebbe trattarsi di una derivazione dal Greco bianco, che proverrebbe dalla Tessaglia e avrebbe risalito l’Italia dalla Magna Grecia, non a caso il Greco identifica l’Erbaluce nel Novarese. Non esistono prove scientifiche oltre la generica omonimia.

La seconda ipotesi giunge dall’Università Bicocca di Milano, Massimo Labra e il suo gruppo metterebbero in evidenza caratteri genetici simili tra Erbaluce, Clairette (claire = alba=chiaro) francese, Airén spagnolo e Rhoditis greco. Sono indizi tutti da confermare, ma in tal caso l’Erbaluce proverrebbe dal Peloponneso attraverso il Sud della Francia (dai Focei di Massalia, odierna Marsiglia). 

L’ipotesi più accreditata è che l’Erbaluce sia un vitigno autoctono canavesano, non a caso si dice che le leggende hanno un fondo di verità. 

L’Erbaluce è uno dei vitigni bianchi storicamente più importanti della viticoltura piemontese, tradizionalmente conosciuta per le varietà rosse. E’ coltivato nel Canavese e sulla Serra d'Ivrea, in provincia di Biella (Roppolo, Viverone, Zimone), nel Novarese, con il nome di Greco e nel comune di Moncrivello in provincia di Vercelli.

La scarsa diffusione dell’Erbaluce è imputabile alle particolari tecniche di coltivazione che richiede il vitigno, che hanno condotto allo sviluppo di sistemi di allevamento specifici come la pergola canavesana.

L’Erbaluce è una varietà abbastanza precoce sia per il germogliamento sia per la maturazione; una delle caratteristiche più importanti è la resistenza della buccia che lo rende resistente alla muffa nobile (Botrytis cinerea) e particolarmente adatto all’appassimento, da cui gli ottimi passiti. Oltre che per la buccia spessa, l’Erbaluce si caratterizza per l’acidità naturale alta e il potenziale alcolico medio basso.  

Per verificare le potenzialità evolutive del vitigno Erbaluce, la famiglia Orsolani ha invitato un panel di esperti a degustare più annate, le cosiddette “verticali”, dei suoi vini da Erbaluce.

Si inizia da La Rustia, 100% Erbaluce che cresce su terreni morenici, sabbiosi, ad altitudini collinari presso il comune di Caluso. La fermentazione avviene in acciaio e l’affinamento sui lieviti. Le prime annate degustate, 2019, 2016 e 2015, si presentano di colore paglierino con tenui sfumature gialle più luminose.

I profumi sono decisi e richiamano la salvia, altre erbe aromatiche e sentori fruttati riconducibili alle pesche, bianche nel caso delle annate più giovani e gialle per il 2015 e 2014, nonché alla pera fresca, alle bucce degli agrumi (clementina e pompelmo rosa). I sentori si ritrovano anche al palato, dove La Rustia si presenta consistente, di corpo e di ottima persistenza con note sapide e minerali che ne esaltano la bevibilità.

Orsolani produce una diversa tipologia di Erbaluce, il Vintage, le cui uve crescono sui medesimi terreni de La Rustia ma sui filari a spalliera invece della classica pergola canavesana. Inoltre, la vinificazione del Vintage prevede la fermentazione spontanea in botti di rovere da 20 hl. e diciotto mesi di affinamento in legno e ulteriori sei in bottiglia.

Le annate 2016, 2015 e 2014 presentano un bel colore giallo dorato, i profumi mescolano note minerali di roccia e pietra focaia alle erbe aromatiche e alla frutta in composta. Spesso il naso capta sbuffi di idrocarburi. In bocca la complessità del vino elevato in botti si mischia alla morbidezza dettata dalla consistenza del corpo dovuto all’alcool e al leggero appassimento delle uve. Il Vintage è un vino austero, di grande persistenza che termina al palato su sensazioni sapide, a volte salate che si mescolano alla frutta e alle erbe. 

Le annate prima presentate di Rustia e il 2016 e 2015 del Vintage sono differenti: si può affermare che sono due vini diversi nel profondo.

La giovane Rustia è l’Erbaluce più conosciuto, pur nelle peculiarità delle tecniche produttive scelte da Orsolani, mentre il Vintage, per stessa ammissione del produttore canavesano, è un Erbaluce che non rispecchia le caratteristiche evidenti del vitigno.

La diversità nel metodo di allevamento e di affinamento incide in modo decisivo sul carattere del Vintage, che non mette in ombra la versione più giovanile.

Sono destinati ad accompagnare piatti diversi: La Rustia, antipasti, primi piatti, minestre, il pesce di lago e non, i crostacei freschi, le cotture delicate in genere, le carni bianche. Il più ampio Vintage si abbina ai primi piatti importanti, ai secondi a base di carne quali terrine o patè, ai piatti elaborati di pesce e formaggi di leggera stagionatura.

Però il vino stupisce sempre e l’Erbaluce di Orsolani inizia a mettere sul tavolo i carichi con l’annata 2014, che, nonostante le differenti tecniche di allevamento e di vinificazione e allevamento, mostra che l’Erbaluce de La Rustia e quello del Vintage iniziano a convergere. I due vini risultano meno sapidi al palato, la morbidezza e la struttura si amplificano, sempre innervati dalla vibrante freschezza tipica del vitigno.

Anche i profumi evidenziano alcune convergenze: oltre al fruttato tipico e alle note minerali, ricordi di idrocarburi in tutti e due. Il Vintage aggiunge i sentori di zolfo. Come dicono gli esperti, stanno evolvendo.

Assaggiamo l’annata 2013 dei due vini. La Rustia mantiene le sue bellissime caratteristiche ed evidenzia il rallentamento evolutivo cui si faceva riferimento prima, mentre il Vintage 2013 arriva con tutta la sua forza sul palcoscenico, per affermare che, con qualche anno in più sul groppone, si ritiene un grande vino. E ha ragione, ottimi profumi al naso di frutta macerata, di idrocarburi, zolfo, mineralità. In bocca il sorso è morbido, equilibrato, denso, sempre fresco e persistente.

Quindi il verdetto finale è che l’Erbaluce della pergola e dell’acciaio si mantiene alcuni anni mentre quello della spalliera e del legno invecchia bene?

Non è così semplice, perché l’Erbaluce ci riserva altre sorprese. Orsolani porta al tavolo della degustazione le annate 1998 e 1996 de La Rustia, sempre allevato sulla pergola ma con il 30% del vino affinato in botti piccole di legno, le barrique, e il 70% in acciaio. Il risultato dell’assaggio è positivo: le due Rustia sono al termine della loro carriera ma sono ancora molto godibili, e testimoniano che l’Erbaluce sulla pergola può evolvere a lungo, anche se con il parziale intervento del legno. Se le due bottiglie fossero state bevute qualche anno prima sarebbe stato difficile immaginare che provenissero dalle medesime uve usate per le annate attuali. 

Altre dimostrazioni delle potenzialità evolutive dell’Erbaluce sono in arrivo: il Vignot Sant’Antonio di Orsolani 2006, il progenitore del Vintage, derivato da Erbaluce allevata sulla pergola la cui fermentazione e vinificazione è avvenuta in acciaio ma sulle fecce, per assicurare complessità e struttura.

Le annate precedenti del Vignot, abbiamo degustato la 1999, erano vinificate in botti di legno piccole nelle quali dimorava l’Erbaluce sempre allevata sulla pergola. Il Vignot Sant’Antonio 2006 evidenzia sentori di spezie, anice, finocchietto. Il vino è morbido al palato, ampio, di gran corpo, sempre sorretto dalla freschezza. Accompagna molto bene un pasto importante. L’annata 1999 assomiglia più ai passiti che si ottengono dall’Erbaluce: discreto risultato in considerazione dei tanti anni trascorsi e del fatto di non essere stato concepito per diventare un passito.

In conclusione, l’Erbaluce permette al produttore attento, come la famiglia Orsolani, un’ampia gamma di prodotti tutti di altissima qualità: vini di beva pronta o giovanile, con qualche anno in più o destinati ad un più lungo percorso. E non dobbiamo dimenticare la possibilità di dar vita a grandi bollicine e ottimi passiti. In Italia riesco a trovare pochi vitigni a bacca bianca che, ad oggi, presentano le medesime potenzialità, in primis il Verdicchio.

Non a caso gli Orsolani ci fanno notare che la DOCG Erbaluce di Caluso è l’unica in Italia che abbraccia il metodo classico, la versione ferma, anche Riserva, e il passito.

Solo un grande vitigno se lo può permettere e se lo usa Orsolani si va sul sicuro.

Paolo Manna

Filmato realizzato per il "Consorzio di tutela e Valorizzazione Vini DOCG Caluso, Carema e Canavese DOC".

Photo Paolo Manna