Territorio & Eventi

La bellezza fulminante del vulcano più alto d’Europa, l'Etna

Lunedì, 13 Lug 2020 - 123 Commenti

Natura, paesaggio, profumi, arte, cultura e gastronomia si incontrano ad ogni curva, lungo le strade che circondano il vulcano. Di sicuro, la sua altezza supera i 3.300 metri, ma non è mai definitiva...

“Quei muri bassi di pietra lavica arrivano al mare e da qui ci passava ogni tanto un bagnante in estate, Sciara delle Ginestre esposte al sole (…) e il cuore quando si fa sera muore d’amore non si vuol convincere che è bello vivere da soli”: è il modo in cui Franco Battiato in una delle sue liriche, “Secondo Imbrunire” - 1988 -, tratteggia il paesaggio etneo. per descrivere uno stato d’animo.

L’itinerario nel paesaggio rurale italiano, stavolta, ci conduce in Sicilia, sull’Etna, il vulcano più alto d’Europa.

Di sicuro, la sua altezza supera i 3.300 metri, ma non è mai definitiva. Varia a seconda delle eruzioni, della frequenza dei pennacchi di cenere che si alzano alti sopra la sua vetta.

È la magia della “muntagna”, come la chiamano i siciliani, territorio straordinario, ricco di biodiversità, Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Natura, paesaggio, profumi, arte, cultura e gastronomia si incontrano ad ogni curva, lungo le strade che circondano il vulcano. Un paesaggio che cambia spesso a seconda dell’altezza e dei giochi del sole: profumi diversi si susseguono, come per incanto, e si mescolano, dando al visitatore sensazioni uniche, quasi irripetibili in altri luoghi.

Un viaggio attorno all’Etna è un incanto che comincia dove vuoi, perché se vuoi sfogliare le pagine della sua storia, le immagini contrastanti del suo paesaggio, i colori di quella terra bruna, se vuoi assaporarne il gusto e sentire i profumi intensi di un’eterna primavera, devi soltanto partire e lasciarti trasportare dal sentimento.

La Sicilia a che cosa è destinata? All’agricoltura, alla bellezza dei suoi beni monumentali, alle sue tradizioni, alle sue chiese, al turismo organizzato bene, non di massa. Turismo come cultura, come sviluppo della specificità”. Così scriveva Dacia Maraini in un articolo pubblicato su La Stampa di Torino, il 2 aprile 2016.

Partiamo, quindi, per questo viaggio all’ombra del vulcano, immersi in un paesaggio rurale straordinario e lo facciamo partendo proprio dalla “Riviera dei limoni”, dalla costa che da Acicastello e Acitrezza arriva oltre Riposto, a Giardini Naxos, su quella strada che tra tante curve ti fa parlare con il mare e ti avvicina al Vulcano. È il Limone dell’Etna, che, con i suoi terrazzamenti e le “saje”,  l’antico ed efficace sistema arabo di canali in mattoni per l’irrigazione, domina la campagna, tra la Riviera dei Ciclopi e Taormina. 

Prova a lasciare il finestrino dell’auto aperto… rimani estasiato, colpito dai colori, pervaso e inebriato da quei profumi straordinari, dove predomina, sicuramente, quello acuto di zagara. Il Limone di questa riviera jonica ti fa girare la testa, è fantastico, profumato, bello a vedersi sulla pianta, buonissimo all’assaggio.

Che dire di quel contrasto di colori impressionisti tra quel giallo-verde unico e l’azzurro del mare…, e se poi aggiungi il verde scuro delle foglie e il rossiccio indecifrabile di quella terra vulcanica lo scenario è completo. Senza parlare del fondale della scena teatrale chiamato Etna!

Venendo giù da Acireale, che domina il paesaggio su uno sperone di roccia lavica, si arriva tra le barche colorate di Santa Maria la Scala, borgo d’altri tempi abitato da pochi pescatori eroici di verghiana memoria. Qui si respira a pieni polmoni aria di salsedine e di zagara che ti entra nelle vene. Il cuore del viaggiatore batte forte, ci si vorrebbe fermare ad ogni curva, ma la strada è tortuosa. Quei muri centenari in pietra lavica, un po’ storti, qualcuno malandato, coperti da nostalgici rovi di more o affacciati su piante di fichi d’India dai colori indecifrabili, ti incantano. Quei muri vestiti di natura, ormai.

Ci troviamo nel comprensorio del famoso “limone verdello”; la strada attraversa i borghi marinari di Santa Tecla, Stazzo, Pozzillo, Torre Archirafi, fatti di ciottoli e sabbia nera, antichi paesi di pescatori e contadini, tra aziende agricole, grandi distese di “giardini” profumati di limoni e aranci, qualche filare di vigneto, sorvegliati da ottocentesche dimore padronali e case rurali, in pietra nera o dai colori felici, acquerellati dal tempo. Si arriva a Riposto antico porto per il commercio del vino.

Da qui, il profumo del mare lascia il posto a flagranze di agrumi e di vigna, si risalgono le falde del Vulcano, parte “La strada del Vino dell’Etna”. Si attraversano borghi antichi e suggestivi come Santa Venerina, Zafferana Etnea, Milo, Sant'Alfio, Piedimonte, Linguaglossa, Castiglione di Sicilia, Randazzo, Bronte, Adrano. Si lascia alle spalle Taormina e la Valle dell’Alcantara e si comincia a osservare l’Etna più da vicino.

Borghi in pietra lavica guardano il mare lungo le pendici, case rurali antiche  dai colori acquerellati, prima vivaci ora addolciti dal tempo, resistono ancora ai capricci di Sua Maestà il Vulcano, così come le case padronali, con le loro architetture piacevoli ed equilibrate. Vecchi palmenti si affacciano sull’ultima littorina della Circumetnea, conservando ancora resti di botti di castagno testimoni del tempo passato. Cortili disegnati da vecchi scalpellini, con l’immancabile cisterna dell’acqua e accanto l’inseparabile lavatoio.

Terrazze nere allineate da mani esperte di vecchi contadini fanno di questi muri a secco un vero patrimonio da tutelare, un bene prezioso da conservare, un paesaggio incantevole e suggestivo, che solo qui riesce a vivere.

E sopra, c’è quella terra nera o più o meno rossiccia, vulcanica, minerale, dall’odore strano, particolare, aggressivo, che ti lascia il segno nelle scarpe, che ti inonda, come l’acqua del mare, quando ti addentri nella vigna tra un filare e l’altro. Vigneti antichi testimoni del coraggio e della passione  di vignaioli operosi e intraprendenti che hanno contribuito notevolmente, negli ultimi anni, alla valorizzazione e al successo internazionale dei loro vini.

Questo è il paesaggio del vino dell’Etna, dei vitigni storici che disegnano i fianchi del vulcano (sono stati i primi dell’Isola ad ottenere la Doc, già nel 1968). Vini preziosi, figli di questo paesaggio a volte desertico, baciato dal sole sempre, favorito dal vento, reso ancora più affascinante dalla presenza di alberelli di Carricante, di Nerello Mascalese o Cappuccio, capaci di produrre i grappoli più turgidi e i sapori più ricchi di sfumature di tutta l’isola.

Nascono qui i vini della luce e del sole, quelli che guardano il mare da lontano e il pennacchio nero del vulcano. Oltre ai vitigni storici, qui vengono impiantati anche vitigni internazionali (Cabernet, Merlot, Syrah), che, mischiati col frutto di quelli autoctoni, danno risultati eccellenti e sensazioni bellissime, vini equilibrati ed eleganti.

Sono finiti i tempi in cui il vino siciliano si utilizzava come uva da taglio per i vini magri del Nord. Qui è avvenuta e continua ad avvenire una sperimentazione  molto interessante, una performance enologica che afferma un nuovo e sorprendente stile di vino.  Il sacrificio di tanti uomini e donne che negli anni si sono prodigati con coraggio e tanta passione ora è ripagato.

Qui i vigneti partono dai 400 metri s.l.m. per arrivare sopra quota mille, (un dislivello unico al mondo tra le produzioni Doc), esposti in pieno Sud e in pieno Nord, sottoposti a escursioni termiche tra giorno e notte che d’estate possono arrivare fino a 30 gradi e differenze microclimatiche estreme. Quegli alberelli affondano le radici nelle sostanze minerali di questa terra lavica  e sono esposti ai raggi del sole quasi 365 giorni l’anno. Condizioni queste che rendono unico il “terroir etneo”, dando ragione a qualcuno che ha definito questo territorio “la Borgogna del Mediterraneo”.

E allora mettetevi in cammino, scoprite queste strade vulcaniche, bussate alle numerose cantine lungo il percorso, visitate questi borghi silenziosi, assaggiate le prelibatezze della terra, parlate con questi produttori, fatevi raccontare la storia dei luoghi e della campagna, la vita del vigneto, sotto il pennacchio grigio di quell’amore-odio che è “iddu”, il vulcano.

E tuffatevi nelle pasticcerie locali dove vi attende un tripudio di piaceri per la gola: mieli, mandorle, pistacchi; smarritevi tra cannoli, cassate, torroni e martorane, canditi e mustazzoli. Una tavolozza di colori, sapori e profumi di quelle terre che sanno di sole, di zagara e di mosti, là dove le pianticelle di ginestra dipingono di  giallo  le pietre nere , riaffermando il trionfo della vita.

Numerose sono le antiche rocche, i fortilizi e i castelli, le torri e le cittadelle fortificate, spettacolari ponti saraceni, le chiese in pietra lavica e i vecchi conventi che testimoniano l’importanza e la vastità del patrimonio culturale  e del paesaggio urbano etneo, meritando sicuramente una visita.

Tra un calice di Etna Rosso, Bianco o Rosato Doc, una degustazione di formaggi di montagna, un assaggio di Miele di Zafferana, una pasta al Pistacchio di Bronte, arriverete sull’altro versante etneo quello di Adrano, di Paternò, di Trecastagni, che guardano l’altro Vulcano e un altro pennacchio, quello che profuma d’aranci.

E l’occhio guarda di nuovo lontano, verso Sud, verso la Piana di Catania oltre il fiume Simeto: altre suggestioni, ulteriori emozioni che ti conducono nelle terre bianche di Siracusa e ti fanno assaporare il barocco. Ma questa è un’altra storia meravigliosa che racconteremo più avanti.

Reportage di ANDREA DI BELLA 

 

 

(prima immagine tratta da

https://www.fotopaesaggi.it/fotopaesaggi/foto_colline/Pendici_Etna/Pendici_Etna_007.htm)

Vigneti sull'Etna

Antico palmento 

Lava sopra Zafferana

 La Riviera dei limoni

Casa rurale sulla Circumetnea