Territorio & Eventi

Il Gattinara protagonista dell'ultima tappa del Master AIS Piemonte sui Territori del Nebbiolo

Sabato, 24 Lug 2021 - 34 Commenti

Si è concluso un altro pezzetto di un intenso percorso diretto da Mauro Carosso che, con le denominazioni dell'Alto Piemonte, ha donato ulteriore profondità alle sfumature di un vitigno eccezionale, il Nebbiolo.

Termina con la denominazione Gattinara la nostra carrellata sui territori vinicoli dell’Alto Piemonte, condotta in parallelo ai seminari proposti da Ais Piemonte sui singoli terroir del comprensorio, nell’ambito del Master sui territori del Nebbiolo – Alto Piemonte.

Si conclude con i vini più conosciuti, in termini storici e di passato recente, perché gli aspetti di piacevolezza li lasciamo al palato di ciascuno di noi, poiché anche nel periodo di oblio sulle produzioni vinicole del nord della regione, i vini di Gattinara hanno sempre avuto un discreto mercato.

I vini di Gattinara sono, con ampia probabilità, quelli che preferiva, o almeno erano ai primi posti della sua personale classifica, il grande regista, scrittore, giornalista torinese Mario Soldati, padre della critica enogastronomica italiana insieme a Luigi Veronelli, che dedica loro un racconto, Un sorso di Gattinara, ristampato nel 2018 nel volume Un sorso di Gattinara e altri racconti a cura delle edizioni Interlinea di Novara,

Le parole che usa il grande scrittore alimentano l’idea che il Gattinara rappresentasse il suo non plus ultra: “Un sorso di Gattinara. Purché vero, s’intende. Non chiedo di più”. Un’ altra celebre frase che Soldati dedica al Gattinara, estratta dal racconto, recita: “Un sorso, a fior di labbro, sulla punta delle labbra. Isolarsi, intanto, concentrarsi, restare immobili, lasciare che il sapore salga al cervello, lo spirito si faccia spirito e si possa, tranquillamente, pensarlo”.

A me piace molto il parallelo che Soldati, sempre in “Un sorso di Gattinara” costruisce tra il vino e la città da cui prende il nome:”
Ha un colore limpidissimo: rosso marroncino, che tira al giallo: ma quando ce ne resta soltanto una goccia in fondo al bicchiere, e lo guardi contro il bianco della tovaglia, ha il colore rosa scuro, rosa oro, rosa antico; la luminosità, a notte, dei portici di Gattinara”.

La storia di Gattinara è strettamente legata a quella dei suoi vini. La fondazione della città avviene nel 1242 quando il Ducato di Vercelli prese una decisione che delineò la geografia dell’Alto Piemonte, sponda occidentale del Sesia. Una terra ricca di piccoli borghi, nessuno dei quali fortificato, che fu spesso e a più riprese campo di battaglia per gli eserciti di ventura, che dal Piemonte alla Lombardia, in quelle zone spesso si scontravano.

Il Ducato ordinò l’abbandono di tutti i piccoli borghi indifendibili e, contestualmente, l’edificazione di un borgo unico, che raccogliesse gli abitanti di tutti quelli rasi al suolo. Nacque Gattinara, un villaggio ampio, fortificato e finalmente difendibile. Le mappe della nuova città, e quelle relative ai piccoli borghi abbandonati, sono un elenco dei territori che oggi rappresentano i cru più famosi della denominazione. Il nome della città sembra che derivi da Catuli Ara, ossia Ara di Catulo, il luogo dove il Proconsole Lutazio Catulo sacrificò agli dei le spoglie di guerra dei Cimbri, sconfitti nella zona circostante nel 101 a.C. Di recente ci sono stati dei ritrovamenti archeologici, i quali affermano che in questa zona si produce vino sin dai tempi dell’antica Roma.
Ma le connessioni con il vino non si esauriscono al momento della fondazione della nuova città. Gli edifici del centro storico di Gattinara, sin dal 1242, presero a produrre vino, destinato al consumo locale e familiare.

Nel ‘500 il Gattinara ebbe una vasta diffusione europea, grazie all’opera di un personaggio chiave nella storia di questo rosso: il Cardinale Mercurino Arborio della potente famiglia degli Arborio. Mercurino Arborio fu un politico e un umanista, oltre che Cardinale e Marchese di Gattinara, dove risiedeva la sua nobile famiglia. Per lungo tempo fu anche consigliere del Re di Spagna, Carlo V.

La più grande passione di questo nobiluomo era il vino, che faceva produrre nella tenuta di famiglia e serviva agli invitati sia in occasione di feste e banchetti sia per incontri politici e diplomatici. A parere di Mercurino Arborio, il vino del suo paese era in grado di disporre gli animi alla benevolenza, rendendo le trattative più facili da gestire e da portare a termine. Secondo alcuni storici, pare che si possa far risalire a Mercurino Arborio l’usanza che oggi conosciamo come “business lunch”, il pranzo di lavoro, a base di Gattinara ovviamente.

Grazie al Marchese di Gattinara, la fama di questo vino si diffuse in tutta Europa, superando per reputazione e richieste vini più blasonati. Del resto, pare che Mercurino donasse botti di questo vino a tutte le corti europee e a personaggi di spicco del panorama italiano, proprio per promuovere il vino del suo comune.

Qualche secolo dopo, nella guerra di Crimea, scoppiò un vivace di dibattito su quale fosse il vino migliore, tra quello francese e quello italiano.
A difesa dell’Italia furono scelte una bottiglia di Gattinara e una di Lessona. Della scelta del vincitore furono incaricati i soldati inglesi i quali, senza tentennamenti, indicarono nel vino italiano quello migliore. Questa storia gloriosa arriva fino ai giorni nostri e fino al secolo scorso, quando nei primi decenni arrivarono le prime industrie con il conseguente abbandono del lavoro nei vigneti, in zona ancora più incerto a causa delle frequenti e violentissime grandinate, verso il reddito mensile fisso.

Dopo il boom economico arrivarono anche le prime crisi industriali che a Gattinara portarono la chiusura di alcuni stabilimenti. Siccome non tutti i mali vengono per nuocere, e in ogni crisi si nascondono le migliori opportunità, ecco che la vigna e la produzione di vino tornarono ad essere la fonte di reddito di molte famiglie, assicurando la discreta continuità produttiva della denominazione cui abbiamo prima accennato.

Nel luglio del 1967 il Gattinara ha ottenuto la DOC, mentre nel 1990 è stata riconosciuta la DOCG.

I vini a denominazione “Gattinara” e “Gattinara Riserva” si ottengono dal vitigno Nebbiolo (localmente Spanna) dal 90 al 100%, possono concorrere alla produzione anche le uve di Vespolina per un massimo del 4% e/o Uva Rara (Bonarda di Gattinara), purché il loro apporto complessivo non superi il 10% del totale. Ormai tutti i produttori vinificano il Nebbiolo in purezza.
Per fregiarsi della DOCG, il Gattinara deve invecchiare minimo 35 mesi, dei quali almeno 24 in legno, mentre il Gattinara Riserva minimo 47 mesi di cui almeno 36 in legno. Il periodo di invecchiamento decorre dal primo dicembre dell’anno di raccolta delle uve.

La DOCG Gattinara può contare su poco meno di 100 ettari di vigneto in produzione, tutti localizzati nel territorio del comune; il tasso alcoolico del Gattinara totale minimo è pari a 12,5%. presenta un’acidità totale minima del 5,5 per mille e un estratto secco netto minimo pari al 20 per mille.

Il termine Spanna ha un’origine incerta: secondo alcuni le uve Nebbiolo furono introdotte a Gattinara da Mercurino Arborio, dopo averle conosciute in Spagna, alla corte di Carlo V. Il vitigno fu rinominato “vitigno di Espanna”, dallo spagnolo “España”. Da qui il termine italianizzato “Spanna”, usato per indicare vitigno e vino. L’ipotesi più attendibile, invece, fa risalire il termine all’unità di misura “Spanna”, circa 20 cm, che è la distanza tra la punta del mignolo e quella del pollice di una mano. Curiosamente, questi 20 cm sarebbero anche la lunghezza di un grappolo di uve Nebbiolo, per questo chiamate “Spanna”.

Il terreno sul quale crescono le uve del Gattinara, che come l’intero Alto Piemonte risente degli influssi dell’enorme cratere dell’antichissimo supervulcano spento, è estremamente vario, ma sempre ricco di minerali, ferro in particolare, che cedono al vino una forte connotazione gustativa e una possente struttura. Un terreno vario e particolare, tanto da aver permesso negli anni di individuare e chiamare per nome ciascun appezzamento. 

Il Gattinara annovera tra le sue caratteristiche organolettiche un colore rosso granato profondo, che dopo molti anni di affinamento in botte e in bottiglia vira lentamente verso un tono più chiaro e aranciato. Il suo profumo è elegante, intenso, ove si riconoscono sentori di viola, rose, spezie e cuoio. Spesso sono nitidi i sentori balsamici e di erbe aromatiche. Al palato il sorso si presenta asciutto, armonico, corposo, strutturato in modo complesso, con tannini decisi che lasciano una scia leggermente amaricante.

Si comprende che si tratta di un rosso di enorme valore, figlio del vitigno Nebbiolo, che qui esprime tutto sé stesso, come fa solo nelle Langhe. Benché il Gattinara sia un vino di grande struttura, si mostra schietto e magro: è un vino possente ma con l’eleganza della più leggera ed elegante delle etoile della danza. Longevo all’inverosimile, richiede ovviamente qualche anno per essere gustato al meglio.

Tutto ciò fa del Gattinara uno dei grandi vini da invecchiamento italiani.

Il Gattinara, si abbina perfettamente con i risotti importanti o con il brasato, in generale con i piatti di carne elaborati ed importanti. Si sposa con grande eleganza con pietanze quali capriolo al ginepro, lepre in salmì, filetto ai funghi e bollito misto alla piemontese, oltre che con formaggi stagionati.

In degustazione:
Gattinara “Vigna Molsino” 2018 Nervi
Gattinara 2016 Torraccia del Piantavigna
Gattinara “Valferana” 2016 Paride Iarretti
Gattinara 2016 Mauro Franchino
Gattinara 2015 Vegis
Gattinara “Cesare” 2015 Anzivino
Gattinara Riserva “Borgofranco” 2015 Cantina Delsignore
Gattinara Riserva 2011 Travaglini
Gattinara “Osso San Grato” 2010 Antoniolo
Gattinara 1986 Cantina Sociale di Gattinara

Paolo Manna