Sport

Anche Pablito Rossi, campione del Mondo, ci saluta da lassù

Giovedì, 10 Dic 2020 - 0 Commenti

Lascia il calcio, ma non il cuore degli italiani che gli saranno sempre grati, perchè è stato la copertina di un Paese felice.

Campione di semplicità, estro, intelligenza, rapidità di gioco, intuito. Lo ricordo così… era così, Paolino Rossi, diventato Pablito dopo la vittoria al Campionato del Mondo in Spagna, nel 1982. Pallone d’Oro nella vita.

Quante volte con quella maglia azzurra ci hai fatto sussultare, sobbalzare dalla sedia mentre un tuo gol di rapina, di inaspettata velocità, di incredibile intuito, di spontanea furbizia, faceva esplodere tutti i televisori nazionali.

Da tutte le case degli italiani, tifosi e non, dalle finestre aperte di tutti i condomini risuonava forte la voce del sempre pacato Nando Martellini, telecronista Rai del tempo… goal, goal…goal…Rossi, ha segnato Paolo Rossi, ancora lui. 

E sulla tribuna d’onore il nostro grande Presidente Sandro Pertini, con la sua immancabile pipa, a gioire, sorridente, abbracciava tutti, felice per quelle tue frecciate a due passi dalla porta, mentre quel pallone diabolico andava in rete. Davi la vittoria all’Italia, alla Sua Nazione, a cui il Presidente era particolarmente legato.

“Quando risalivo le scale degli spogliatoi, per entrare in campo, io sentivo quel rimbombare di tacchetti delle scarpe, mi piaceva ascoltare quel ticchettio, era già una piacevole sensazione, prima di sbucare nello stadio”. Così Pablito in un’intervista, esprimeva le sue sensazioni, la sua passione, il suo attaccamento al gioco del calcio.

A 64 anni, se n’è andato, in silenzio, con grande discrezione, perché lui era discreto già da giovane calciatore, e ora, lasciata l’attività calcistica, lo era ancora di più. Lui che aveva fatto gioire l’Italia intera, che era diventato un idolo, una gloria, si era ritirato in campagna, ancora giovane, in Toscana, a godersi la Natura, aveva creato un agriturismo, si occupava di vino, così senza clamore.  

Negli ultimi tempi qualche apparizione in Rai, come comunicatore, Paolo ci ha lasciati silenziosamente, senza lasciare tracce di divismo, soprattutto uomo e campione venuto dal nulla. Dopo tanta gloria, se n’è andato un “signore”, riservato, che era riuscito, però, a regalarci un sogno che durerà finchè durerà la memoria.                           

Moltissimi i commenti dei suoi compagni di Nazionale ed ex calciatori. Mi piace sottolineare quelli di Fulvio Collovati, suo compagno in Nazionale e di Gianni Rivera, ex Golden Boy del calcio italiano.

Fulvio Collovati: “Appena saputa la notizia dalla moglie, via social, mi si è spezzato il cuore… io, se sono campione del Mondo, ti devo ringraziare, Paolo, lo devo a te, per i tuoi sei gol in quel Mondiale ’82. Eri un ragazzo semplice, speciale, intelligente, e trasmettevi questa intelligenza in campo. Eri difficile da marcare, veloce, rapido, avevi un grande senso di appartenenza al gruppo. Dopo il Mondiale dell’82, andammo in Libano a rendere omaggio ai militari in Libano col Presidente Pertini, ebbene, in quel periodo, due erano i personaggi più conosciuti e più amati in tutto il mondo…uno era Sandro Pertini e l’altro era Paolo Rossi”.

Gianni Rivera: “Paolo era una persona eccezionale che è durata poco. Uno dei pochi che in Italia ha vinto il Pallone d’Oro. Ha sempre avuto la forza, la capacità di rialzarsi dopo i momenti difficili che ogni campione attraversa”.

Enzo Bearzot aveva creduto in lui, dopo un periodo difficile, ragazzo esile, un po’ pallido, e lo porta al Mondiale spagnolo, contro il parere di quasi tutta la stampa. E lì scatta qualcosa di magico, che cambia la sua vita e quella di tutti noi. Tre gol al Brasile, due alla Polonia, uno, in finale, alla Germania. Diventa Pablito, Campione del Mondo, Capocannoniere del Mondiale, Pallone d’Oro. A soli 31 anni deve dire basta al pallone, per quelle sue ginocchia martoriate.

Competente, intelligente, gentile, se n’è andato troppo presto, così come presto aveva lasciato i campi. Ma noi, nei nostri cuori, lo conserveremo per sempre.

Ciao Pablito, riposa in pace. 

ANDREA DI BELLA

 

 

 

Campione di semplicità, estro, intelligenza, rapidità di gioco, intuito. Lo ricordo così… era così, Paolino Rossi, diventato Pablito dopo la vittoria al Campionato del Mondo in Spagna, nel 1982. Pallone d’Oro nella vita.

Quante volte con quella maglia azzurra ci hai fatto sussultare, sobbalzare dalla sedia mentre un tuo gol di rapina, di inaspettata velocità, di incredibile intuito, di spontanea furbizia, faceva esplodere tutti i televisori nazionali. Da tutte le case degli italiani, tifosi e non, dalle finestre aperte di tutti i condomini risuonava forte la voce del sempre pacato Nando Martellini, telecronista Rai del tempo… goal, goal…goal…Rossi, ha segnato Paolo Rossi, ancora lui. 

E sulla tribuna d’onore il nostro grande Presidente Sandro Pertini, con la sua immancabile pipa, a gioire, sorridente, abbracciava tutti, felice per quelle tue frecciate a due passi dalla porta, mentre quel pallone diabolico andava in rete. Davi la vittoria all’Italia, alla Sua Nazione, a cui il Presidente era particolarmente legato.

“Quando risalivo le scale degli spogliatoi, per entrare in campo, io sentivo quel rimbombare di tacchetti delle scarpe, mi piaceva ascoltare quel ticchettio, era già una piacevole sensazione, prima di sbucare nello stadio”. Così Pablito in un’intervista, esprimeva le sue sensazioni, la sua passione, il suo attaccamento al gioco del calcio.

A 64 anni, se n’è andato, in silenzio, con grande discrezione, perché lui era discreto già da giovane calciatore, e ora, lasciata l’attività calcistica, lo era ancora di più. Lui che aveva fatto gioire  l’Italia intera, che era diventato un idolo, una gloria, si era ritirato in campagna, ancora giovane, in Toscana, a godersi la Natura, aveva creato un agriturismo, si occupava di vino, così senza clamore.  

Negli ultimi tempi qualche apparizione in Rai, come comunicatore, Paolo ci ha lasciati silenziosamente, senza lasciare tracce di divismo, soprattutto uomo e campione venuto dal nulla. Dopo tanta gloria, se n’è andato un “signore”, riservato, che era riuscito, però, a regalarci un sogno che durerà finchè durerà la memoria.                           

Moltissimi i commenti dei suoi compagni di Nazionale ed ex calciatori. Mi piace sottolineare quelli di Fulvio Collovati, suo compagno in Nazionale e di Gianni Rivera, ex Golden Boy del calcio italiano.

Fulvio Collovati: “Appena saputa la notizia dalla moglie, via social, mi si è spezzato il cuore… io, se sono campione del Mondo, ti devo ringraziare, Paolo, lo devo a te, per i tuoi sei gol in quel Mondiale ’82. Eri un ragazzo semplice, speciale, intelligente, e trasmettevi questa intelligenza in campo. Eri difficile da marcare, veloce, rapido, avevi un grande senso di appartenenza al gruppo. Dopo il Mondiale dell’82, andammo in Libano a rendere omaggio ai militari in Libano col Presidente Pertini, ebbene, in quel periodo, due erano i personaggi più conosciuti e più amati in tutto il mondo…uno era Sandro Pertini e l’altro era Paolo Rossi”.

Gianni Rivera: “Paolo era una persona eccezionale che è durata poco. Uno dei pochi che in Italia ha vinto il Pallone d’Oro. Ha sempre avuto la forza, la capacità di rialzarsi dopo i momenti difficili che ogni campione attraversa”.

Enzo Bearzot aveva creduto in lui, dopo un periodo difficile, ragazzo esile, un po’ pallido, e lo porta al Mondiale spagnolo, contro il parere di quasi tutta la stampa. E lì scatta qualcosa di magico, che cambia la sua vita e quella di tutti noi. Tre gol al Brasile, due alla Polonia, uno, in finale, alla Germania. Diventa Pablito, Campione del Mondo, Capocannoniere del Mondiale, Pallone d’Oro. A soli 31 anni deve dire basta al pallone, per quelle sue ginocchia martoriate.

Competente, intelligente, gentile, se n’è andato troppo presto, così come presto aveva lasciato i campi. Ma noi, nei nostri cuori, lo conserveremo per sempre. Ciao Pablito, riposa in pace. 

A cura di ANDREA DI BELLA